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Trasmissione tv con contenuti inadatti ai minori, giusta la sanzione Agcom se mancano precauzioni tecniche

20 marzo 2023

Presidenza AIAF ,

Interessante sentenza, la n. 554/2023, del Consiglio di Stato, che fa luce su una tematica particolarmente delicata: il contemperamento e il delicato equilibrio che sussiste tra la libertà di espressione ex articolo 21 della Costituzione e l’esigenza di tutelare i minori nel settore delle telecomunicazioni.

La vicenda giudiziaria è sorta a seguito dell'impugnazione, da parte di un'emittente televisiva, di una sanzione irrogata dall'Agcom, per la messa in onda di un servizio avente come protagonista un minore, prelevato dalle forze dell'ordine ed allontanato dalla famiglia, nel corso di un programma televisivo trasmesso in fascia oraria "protetta", successivamente divulgato anche dal telegiornale, sempre in prima serata.

Le violazioni del Codice di autoregolamentazione tv e minori e del D.lgs. 177/2005 sono state, tuttavia, ritenute insussistenti dal Tar per il Lazio, che ha annullato l'ingiunzione del Garante, concentrando l'attenzione esclusivamente sulla tutela del bambino coinvolto e del quale era stato garantito e mantenuto l'anonimato.

Con la decisione sopra menzionata, il Consiglio di Stato ha ribaltato la pronuncia di primo grado, illustrando una diversa e più ampia interpretazione dei fatti. Secondo il Collegio, il Tar ha errato nel momento in cui ha limitato l'esigenza di tutela al solo minore coinvolto nel video, senza considerare la necessità di proteggere tutti i minori, anche potenziali spettatori di una vicenda estremamente drammatica.

Il Consiglio di Stato ha preso in considerazione l'illecito di pericolo concreto di cui all'art. 15 co. dieci della L. 233/1990, facente espresso divieto di trasmettere programmi nocivi per l'equilibrio psicofisico dei minori. Questa ipotesi, come evidenziato dai giudici, richiede un doppio accertamento: il primo che riguarda la concreta minaccia per il bene oggetto di tutela, desumibile dal contesto fattuale; il secondo, invece, focalizzato sul bilanciamento tra la necessità di proteggere il minore e la libertà di espressione, da effettuarsi secondo il principio di proporzionalità, alla luce delle specifiche contingenze. Il Collegio ha successivamente passato in rassegna i paragrafi contenuti nel codice di autoregolamentazione tv e minori, che tutte le emittenti televisive sono tenute a rispettare. Quest'atto di natura privata del 2002, recepito dalla Legge 112/2004 e trasfuso nei D.Lgs. 177/2005 e 44/2010, si è posto un duplice obiettivo: da un lato, offrire agli spettatori e alle famiglie un sopporto ad un corretto uso della televisione, dall'altro, rendere consapevoli i produttori delle reali esigenze di un pubblico sensibile come quello dei minori, gli interessi dei quali devono essere tenuti sempre in primaria considerazione.

Il Consiglio di Stato ha, quindi, preso in esame le norme che impongono alle trasmissioni televisive e radiofoniche inadatte ai minori l'adozione di precise precauzioni tecniche, volte a impedirne la visione o l'ascolto: si tratta, in particolare della scelta dell'orario di trasmissione (dalle 23,00 alle 7,00), della segnalazione acustica propedeutica alla messa in onda e dell'apposizione di un simbolo visivo facilmente riconoscibile. Mentre nell’ambito dei programmi radiofonici, al fine di tutelare il minore, è sufficiente l'adozione di un avviso sonoro, i programmi televisivi richiedono anche l'aggiunta del componente simbolico.

Prima di confermare la legittimità della sanzione irrogata dall'Agcom, la sentenza 554/2023 del Consiglio di Stato ha opportunamente evidenziato alcuni aspetti che la decisione di primo grado del Tar Lazio sembra aver trascurato. Innanzitutto, la necessità di bilanciare interessi fondamentali (quali il diritto di cronaca e la tutela del fanciullo) si presenta soprattutto con riferimento a programmi d'informazione destinati ad un pubblico adulto, generalmente trasmessi tra le 19,00 e le 22,30. Quest'ultimo è un "intervallo" incluso nella più ampia fascia oraria c.d. "Televisione per tutti"(dalle 7,00 alle 23,00), che pertanto contempla la presenza di un pubblico di minori, ma affiancato "presumibilmente" (così il par. 2.2 del Codice di autoregolamentazione) dalla presenza di un adulto. Tuttavia, i giudici d'appello hanno opportunamente precisato che i programmi d'informazione per adulti e la notorietà di un fatto di cronaca particolarmente drammatico e/o conturbante non giustificano alcuna deroga all'adozione delle cautele imposte dalla legge a tutela dei minori, ma al contrario costituiscono presupposti applicativi delle stesse.

Pertanto, come si legge in sentenza, "la mancanza […] di uno dei due elementi espressamente imposti dalla norma a protezione del bene tutelato, evidenzia la sussistenza della violazione contesta dall'Autorità".

Nel caso in questione, a ben vedere, l'AGCOM non ha inteso proteggere esclusivamente il bambino protagonista del video, ma ha interpretato l'esigenza di tutela in senso estensivo, sanzionando la trasmissione di contenuti inadatti ad un pubblico minorenne, durante la fascia c.d. "Televisione per tutti", senza l'adozione degli accorgimenti tecnici volti ad inibirne la visione.