
Gli avvocati e le avvocate di AIAF, in relazione ai fatti relativi al processo di Brescia ed alla richiesta di assoluzione formulata dal pubblico ministero, senza voler entrare nel merito delle conclusioni formulate, non conoscendo il fascicolo processuale, fermi nel condannare ogni forma di violenza, ritengono che:
1) Non ci possa essere alcuna giustificazione alla violenza e che le tradizioni culturali dei partner non possano integrare alcuna forma di scriminante;
2) Occorra ribadire la necessità di una magistratura specializzata, al pari dell’avvocatura, nell’affrontare temi delicatissimi, come quelli inerenti la violenza nelle relazioni affettive, che sappia tenere in debito conto gli effetti del trauma sulle vittime e valorizzi le "parole ed il dolore" che le vittime stesse affidano al vaglio dei giudici, evitando di stigmatizzare le loro scelte di vita;
3) Occorra evitare qualsiasi forma di vittimizzazione secondaria, comunque esercitata;
4) In un clima di assoggettamento, anche solo psicologico, il consenso prestato alla relazione sessuale debba essere attentamente vagliato, perché in una condizione coartata non lo si possa considerare validamente espresso;
5) Sia necessario considerare il contesto di prevaricazione in cui versa la vittima, anche se indotto dalla matrice culturale dell’aggressore, come unico contenitore delle singole vicende e, dunque, come possibile indicatore del disegno criminoso e di una conseguente abitualità.
Come avvocati specializzati nel diritto delle persone, dei minori e delle famiglie, auspichiamo che questa vicenda, rispetto a cui si evidenzia l’importante presa di distanza della Procura della Repubblica di Brescia, rappresenti un’occasione per una riflessione seria e approfondita sulla necessità di una giustizia priva di stereotipi ed ogni forma di pregiudizio.
Avv. Cinzia Calabrese Presidente AIAF e Componenti Giunta esecutiva nazionale