Con l'ordinanza in esame la Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi in una causa di divorzio.
Nello specifico, oggetto della contesa tra i due ex coniugi è l'istituto scolastico a cui iscrivere il figlio una volta terminate le elementari . L a madre, infatti, aveva ottenuto dal Tribunale l'autorizzazione all'iscrizione in prima media presso l'istituto privato religioso già frequentato dal minore, in assenza del consenso del padre.
La Corte di Appello aveva confermato la decisione di primo grado, sottolineando che , dall'audizione del minore , era emerso il suo desiderio di poter continuare a frequentare il medesimo istituto, « dove aveva numerose amicizie e buoni rapporti con gli insegnanti ».
Dal canto suo, il padre, nell'impugnare la decisione, lamentava : il mancato adeguato confronto con l’offerta formativa della scuola pubblica, l’imposizione al minore di una determinata religione , violando così il principio di laicità e la libertà di autodeterminazione religiosa del minore stesso e che « i desideri espressi dal bambino non avrebbero dovuto assumere un rilievo decisivo circa la scelta in questione, così importante per la crescita ».
Il ricorso, tuttavia, è infondato. Per i Giudici, infatti, « deve essere risolto in considerazione dell'esigenza di tutelare il preminente interesse dei minori a una crescita sana ed equilibrata, e importa una valutazione di fatto che può ben essere fondata sull'esigenza, in una fase esistenziale già caratterizzata dalle difficoltà conseguenti alla separazione dei genitori, di non introdurre fratture e discontinuità ulteriori, come facilmente conseguenti alla frequentazione di una nuova scuola, assicurando ai figli minori la continuità ambientale nel campo in cui si svolge propriamente la loro sfera sociale ed educativa » (Cass. n. 21553/2021).
Dunque, « in caso di contrasto tra genitori in ordine a questioni di maggiore interesse per i figli minori, la relativa decisione, ai sensi dell'art. 337-ter, comma 3, c.p.c., è rimessa al giudice, il quale, chiamato, in via del tutto eccezionale, a ingerirsi nella vita privata della famiglia attraverso l'adozione dei provvedimenti relativi in luogo dei genitori, deve tener conto esclusivamente del superiore interesse, morale e materiale, del minore a una crescita sana ed equilibrata »; pertanto, il conflitto sulla scuola primaria e dell'infanzia, pubblica o privata, presso cui iscrivere il figlio, deve essere risolto verificando, innanzitutto, « la rispondenza al concreto interesse del minore, in considerazione dell'età e delle sue specifiche esigenze evolutive e formative, nonché della collocazione logistica dell'istituto scolastico rispetto all'abitazione del bambino, onde consentirgli di avviare e/o incrementare rapporti sociali e amicali di frequentazione extrascolastica, creando una sua sfera sociale, e di garantirgli congrui tempi di percorrenza e di mezzi per l'accesso a scuola e il rientro alla propria abitazione » (Cass. n. 26820/2023).
La Cassazione ha inoltre richiamato un orientamento della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (sent. N. 54032/22) secondo cui alcune limitazioni alle modalità di coinvolgimento del minore in una pratica religiosa scelta da uno dei genitori non costituiscono discriminazione se finalizzate a tutelare il suo superiore interesse.
L a Corte territoriale pertanto ha correttamente ritenuto che l'esigenza di garantire la piena libertà di credo religioso a favore del minore « era da ritenere recessiva rispetto al superiore interesse di quest'ultimo di soddisfare i propri desideri di continuare la frequentazione della scuola privata e di garantirne la crescita equilibrata e stabile, fondata sui riferimenti sociali acquisiti ».
A cura dell’ Avv. Ilenia Pasqua