L’acquisto di un immobile effettuato da uno solo dei coniugi può cadere in comunione legale, anche in presenza della dichiarazione di esclusione effettuata dall’altro, se non è indicato l’atto da cui proviene il denaro.
L’inesistenza dei presupposti che escludono la contitolarità dell’immobile può essere, quindi, fatta valere con una successiva azione di accertamento dal momento che la dichiarazione non presenta valore confessorio.
Questi, in sintesi, i principi statuiti dalla Cassazione con l'ordinanza n. 35086/22.
Nel caso di acquisto di un immobile effettuato dopo il matrimonio da uno dei coniugi in regime di comunione legale, la partecipazione all'atto di acquisto dell'altro coniuge non acquirente, prevista dall'art. 179, secondo comma, cod. civ. non può assumere portata confessoria qualora la dichiarazione del coniuge acquirente non contenga l'esatta indicazione della provenienza del bene da una delle diverse fattispecie di cui alle lettere a), b), c), d, e, del medesimo art. 179 del codice civile.
In mancanza di tale precisazione, l'eventuale inesistenza dei presupposti che escludono il bene acquistato dalla comunione legale può essere fatta valere con una successiva azione di accertamento della comunione, senza alcun valore confessorio della dichiarazione adesiva del coniuge non acquirente.
I giudici di Piazza Cavour hanno affrontato la questione di un acquisto immobiliare eseguito da entrambi i coniugi, in regime di comunione di beni.
Specificatamente, il marito ha citato in giudizio la moglie esponendo di aver acquistato il 25 febbraio 1997, insieme alla coniuge, un appartamento a Roma che era stato intestato alla convenuta e che le dichiarazioni contenute nell'atto di compravendita non erano idonee a sottrarre il bene dalla comunione, in mancanza dell'indicazione specifica e analitica della provenienza della provvista che, invece, era stata procurata interamente dal marito anche mediante l'acquisizione di un mutuo bancario.
E, allora, il provvedimento precisa che l'immobile non poteva essere attribuito esclusivamente alla moglie (anche se formalmente intestataria del bene) dal momento che il marito aveva trovato le provviste per l'acquisto tramite un mutuo bancario. L'unico modo per rivendicare la proprietà esclusiva del bene era quella di dimostrare che l'acquisto fosse avvenuto con la vendita di uno dei beni fuori dalla comunione, così come previsto dall'articolo 179, comma 2, lettera f) del codice civile. In questo caso, la natura effettivamente personale del bene avrebbe determinato l'esclusione dalla comunione.
