Lo stalking, contestato unitamente al reato di maltrattamenti in famiglia, è ab origine perseguibile d'ufficio. Il procedimento penale non viene quindi meno se, essendovi stata querela contro gli atti persecutori, questa venga successivamente ritirata dalla parte offesa.
La Corte di Cassazione, mediante sentenza n. 47328/2022, ha respinto il ricorso di un uomo che, condannato per stalking, aveva impugnato la sentenza in sede di legittimità facendo rilevare l'illegittimità della condanna a fronte della rimessione della querela. Inoltre, il ricorso precisava che nel caso concreto il reato perseguibile d'ufficio (i maltrattamenti) era stato dichiarato prescritto dal giudice di merito.
La connessione tra i due reati, si legge nel provvedimento, postula l'unitarietà dell'azione penale e attrae nel perimetro della perseguibilità d'ufficio anche il reato di stalking. Fino al punto che, come nel caso analizzato dalla Cassazione, se il reato di maltrattamenti si prescrive resta immutato l'interesse punitivo dello Stato a perseguire il reato di stalking connesso processualmente o materialmente a quello perseguibile d'ufficio.
La sottrazione all'iniziativa delle parti si giustifica al fine di garantire l'unitarietà dell'azione penale su reati che vengano accertati con unica attività di indagine, in quanto commessi in conseguenza uno dell'altro o per occultare quello commesso prima.
La Suprema Corte boccia, pertanto, i due rilievi affermando l'irrilevanza tanto della rimessione della querela e quanto della prescrizione.
Lo stalking oggetto di accertamento, unitamente ad altri reati che siano perseguibili d'ufficio, è quindi inderogabilmente sottratto all'iniziativa delle parti provate.