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Mantenimento della figlia non economicamente autosufficiente, occorre considerare situazioni reddituali di entrambi i genitori

30 dicembre 2021

News Regionale - Sicilia ,

La riduzione dell'assegno dovuto dal padre alla figlia maggiorenne non economicamente autosufficiente non può parametrarsi solo sul cambiamento della situazione reddituale del padre, ma deve considerare anche quella materna. La revoca dell'assegnazione della casa coniugale non si estende automaticamente ai mobili di arredo in essa contenuti.

Questa, in sintesi, la posizione della Suprema Corte di Cassazione espressa nella ordinanza 41919/2021. Un excursus storico dei fatti chiarirà meglio il percorso logico-giuridico delineato dalla Suprema Corte.

Con decreto del 18 giugno 2018 il Tribunale di Palermo disponeva, ai sensi dell'art. 710 cod. proc. civ., la modifica delle condizioni stabilite nel giudizio di separazione personale tra due coniugi, riducendo ad Euro 450,00 mensili l'assegno posto a carico del padre a titolo di contributo per il mantenimento della figlia maggiorenne ma non ancora economicamente autosufficiente e convivente con la madre, e rigettava la domanda riconvenzionale, proposta dalla donna, di determinazione delle spese straordinarie sostenibili senza il consenso del coniuge.

Il reclamo proposto dal marito veniva rigettato dalla Corte d’appello di Palermo, con decreto del 2 aprile 2020.

Avverso il predetto decreto il marito proponeva ricorso per cassazione, articolandolo su tre motivi.

Con il primo motivo d'impugnazione il ricorrente denuncia la nullità del decreto impugnato, per violazione e/o falsa applicazione dello art. 112 cod. proc. civ., rilevando come la Corte d'Appello abbia omesso di pronunciarsi in ordine al motivo di reclamo concernente la revoca dell'assegnazione dell'arredo della casa coniugale, avendo qualificato la relativa domanda come domanda restitutoria, in realtà mai proposta, ed essendosi conseguentemente limitata a rilevarne l'estraneità alla competenza funzionale del giudice della separazione.

Tale motivo è stato considerato inammissibile.

Invero, ai fini della configurabilità del vizio di omessa pronuncia è infatti necessaria la totale pretermissione del provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto, ravvisabile allorquando il giudice abbia omesso di decidere sia pure implicitamente in ordine a una domanda o un'eccezione ritualmente introdotta in giudizio, il cui esame non possa ritenersi assorbito da altre statuizioni.

Nello specifico, il motivo di reclamo con cui era stata richiesta la revoca dell'assegnazione dell'arredo della casa coniugale è stato dichiarato espressamente inammissibile dal decreto impugnato, il quale, come riconosciuto dalla stessa difesa del ricorrente, ha qualificato la predetta domanda come una «richiesta di natura reale», estranea alla competenza funzionale del giudice della separazione.

Il ricorrente, ancora, lamenta la nullità del decreto impugnato per violazione e/o falsa applicazione dell'art. 112 cod. proc. civ., osservando che la Corte d'appello ha omesso di pronunciarsi sul motivo di reclamo con cui era stata dedotta l'omessa comparazione delle situazioni economiche delle parti, ai fini della riduzione dell'assegno di mantenimento.

Anche tale motivo viene considerato infondato. 

Secondo la Cassazione, la Corte d'appello non ha affatto omesso di statuire in ordine alla domanda di riduzione proposta dal ricorrente, avendone confermato l'accoglimento parziale, nella misura già stabilita dal Tribunale. A ben vedere, tale statuizione, logicamente incompatibile con l'accoglimento delle predette censure, deve considerarsi sufficiente ad escludere la sussistenza del vizio di omessa pronuncia, non configurabile allorquando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità, pur in assenza di una specifica argomentazione (cfr. Cass., Sez. III, 29/01/2021, n. 2151; Cass., Sez. I, 9/05/2007, n. 10636).

Il ricorrente, inoltre, deduce la violazione e/o la falsa applicazione dell'art. 337-ter cod. proc. civ., rilevando che, ai fini della rideterminazione dell'assegno di mantenimento, il decreto impugnato non ha proceduto ad una valutazione comparativa delle situazioni economiche delle parti, essendosi limitato a prendere in esame i redditi ed il patrimonio del solo ricorrente.

Ai fini della valutazione delle esigenze economiche della figlia, la Corte d'appello si è inoltre limitata a dare atto della crescita della stessa, senza considerare che successivamente all'assegnazione della causa in decisione la figlia ha completato gli studi universitari ed ha avviato la pratica forense. 

In tema di separazione personale dei coniugi, l'efficacia di giudicato da riconoscersi, sia pure rebus sic stantibus, alle condizioni economiche stabilite dalla relativa sentenza alla stregua della situazione di fatto esistente all'epoca della sua pronuncia comporta che, “nel caso in cui venga proposta domanda di revisione delle predette condizioni, ai sensi dell'art. 710 cod. proc. civ., non possa procedersi ad una nuova ed autonoma valutazione dei presupposti o dell'entità dell'assegno sulla base di una diversa ponderazione delle condizioni economiche delle parti, dovendosi innanzitutto verificare, nel pieno rispetto delle valutazioni espresse al momento dell'attribuzione dell'emolumento, se l'equilibrio economico risultante dalla predetta decisione risulti alterato a causa della sopravvenienza di nuove circostanze che non avrebbero potuto essere tenute presenti in quella sede, ed in caso positivo provvedere all'adeguamento dell'importo dell'assegno o dello stesso obbligo di contribuzione, in relazione alla nuova situazione patrimoniale”.

Tale assunto, prosegue la Corte, enunciato in riferimento all'assegno dovuto per il man- tenimento del coniuge, trova applicazione anche a quello stabilito per il mantenimento dei figli minori o di quelli maggiorenni ma non ancora economicamente autosufficienti, il cui importo deve risultare idoneo a garantire all'avente diritto la soddisfazione di molteplici esigenze non limitate al solo aspetto alimentare, ma estese anche a quello abitativo, scolastico, sportivo, sanitario e sociale.

Tali principi, più volte ribaditi dalla giurisprudenza di legittimità, non possono ritenersi correttamente applicati dal decreto impugnato, il quale, preso atto della riduzione dell'assegno dovuto dal ricorrente per il mantenimento della figlia, ha confermato tale statuizione sulla base di considerazioni riguardanti esclusivamente la situazione reddituale e patrimoniale.