Legittimo l'assegno divorzile all'ex moglie che, nel corso della vita matrimoniale , ha rinunciato alla avviata e redditizia professione di commercialista per dedicarsi alla famiglia e ha consentito all'allora marito di portare avanti una fiorente attività imprenditoriale. Tale rilievo, però, non è sufficiente a legittimare l'aumento considerevole della cifra, passata dai 4mila euro stabiliti nel giudizio di separazione ai 6mila e 500 euro indicati nel giudizio di divorzio.
Lo puntualizza la Corte di Cassazione, mediante una recente ordinanza dello scorso 23 gennaio, la n. 1996/2023.
Indiscutibile appare il diritto della donna ad ottenere dall’ex marito un adeguato assegno divorzile. Decisivo, secondo quanto stabilito dal Collegio di piazza Cavour , il riferimento al fatto che la donna abbia sacrificato la propria carriera, d’intesa co n il coniuge, per dedicarsi alla famiglia. Questo elemento, abbinato alla posizione di debolezza economica della donna, non basta però a giustificare il corposo aumento della cifra stabilita in sede di separazione.
Concordi i giudici di merito, i quali, prendendo in esame il divorzio t ra i due soggetti , sanciscono che la donna abbia diritto a percepire dall'ex marito ogni mese un assegno divorzile di 6mila e 500 euro. A far scattare il ricorso in Cassazione da parte dell’ex marito non è tanto il riconoscimento dell'assegno divorzile all'ex moglie, bensì la cifra che a lui ap pare esagerata, anche tenendo conto dei 4mila euro stabiliti in sede di separazione alla luce della posizione economica sua e della ex moglie .
Ricorso che viene effettivamente accolto, visto che il corposo aumento non trova concreta giustificazione secondo la Suprema Corte.