Risulta assolutamente legittimo, da parte dell’occupante, opporre la comunione legale alla minacciata azione esecutiva di rilascio: il godimento dell’immobile va regolato sulla base dei rispettivi titoli di proprietà.
A precisarlo è direttamente la Corte di Cassazione, all’interno dell’ordinanza n. 2889/2023, depositata lo scorso 31 gennaio.
La sentenza di divorzio revoca l’assegnazione all’ex moglie della casa coniugale. Ma al marito non serve il precetto per liberare l’immobile acquistato in costanza di matrimonio e che dunque rientra nella comunione legale: l’interessata, infatti, spiega opposizione all’esecuzione, deducendo di occupare i locali a titolo di ius possidendi, in qualità di comproprietaria del bene. Ed è legittimo da parte sua opporre il diritto di comproprietà alla minacciata azione esecutiva di rilascio: dopo la revoca dell’assegnazione è necessario regolare il godimento del bene sulla base dei rispettivi titoli di proprietà.
Diventa definitivo l’accoglimento dell’opposizione proposta dalla donna, ex articolo 615, primo comma, Cpc. Giudicati errati i rilievi dell’ex marito, quando sostiene che il diritto di comproprietà dell’immobile si sarebbe dovuto eccepire nell’ambito del giudizio di divorzio per impedire la revoca dell’assegnazione, ormai divenuta cristallizzata.
Il provvedimento che decide sulla casa coniugale, infatti, serve soltanto ad assicurare ai figli minori la conservazione dell’ambiente domestico. E prescinde dall’esistenza di diritti, reali o personali, di godimento sull’immobile: l’eventuale titolo di proprietà dell’uno o dell’altro coniuge conta soltanto ai fini della regolazione dei rapporti economici fra loro. L’assegnazione del bene conferisce, si legge nel provvedimento, al beneficiario un diritto personale atipico di godimento. Tale diritto, argomentano i giudici di piazza Cavour, prevale su situazioni giuridiche di terzi - di natura personale o reale - che pure in astratto possono legittimarne il possesso. Il tutto sino a quando il provvedimento rimane efficace.
La revoca dell’assegnazione, invece, ripristina l’ordinario regime civilistico di disciplina dell’uso e del godimento dell’immobile con l’attribuzione al soggetto che è munito di titolo poziore sul punto. In estrema sintesi: lo status di comproprietario non è una circostanza valutabile dal giudice della separazione o del divorzio. E la relativa deduzione non costituisce un fatto estintivo, impeditivo o modificativo che è precluso dalla definitività dell’ordinanza di assegnazione, come titolo esecutivo di formazione giudiziale.