La non consumazione del matrimonio non incide, di per sé, sull'esistenza e sulla validità giuridica del matrimonio, come atto e come rapporto, ma è causa di scioglimento del matrimonio civile o di cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario, cosicché essa non tocca la validità e idoneità del matrimonio a produrre effetti sino al passaggio in giudicato della sentenza di divorzio, né incide sull'applicabilità della normativa relativa all'assegno di divorzio.
La sottolineatura arriva direttamente dalla Corte di Cassazione, all’interno della ordinanza n. 3645/2023. Il provvedimento in questione è stato depositato lo scorso 7 febbraio.
La ricorrenza di un'effettiva relazione sentimentale stabile, si legge nel provvedimento, è indice di un progetto di vita idoneo ad interrompere in modo definitivo il legame con la precedente esperienza di vita matrimoniale, e deve essere accertata in modo rigoroso.
La coabitazione assume una valenza indiziaria, ai fini della prova dell'esistenza di un rapporto di convivenza di fatto, elemento indiziario «da valutarsi in ogni caso non atomisticamente... ma nel contesto e alle circostanze in cui si inserisce», mentre, viceversa, «l'assenza della coabitazione non è di per sé decisivo».
La sentenza della Corte d’Appello emiliana, che era stata impugnata dalla donna, aveva confermato la cessazione degli effetti civili del matrimonio per mancata consumazione, sulla base delle complessive risultanze istruttorie emergenti dalle testimonianze acquisite nel corso del procedimento di primo grado. In virtù di tali rilievi, aveva revocato l’assegno divorzile.
La Cassazione ha accolto i motivi avanzati dalla ricorrente alla luce dei principi espressi negli ultimi arresti giurisprudenziali in tema di revoca dell’assegno divorzile in costanza di nuova convivenza.