Ai fini del diritto alla pensione ai superstiti, i figli in età superiore ai 18 anni e inabili al lavoro si considerano a carico dell'assicurato o del pensionato se questi, prima del decesso, provvedeva al loro sostentamento in maniera continuativa.
Tale requisito, della cosiddetta "vivenza a carico", va interpretato nel senso che il contributo economico continuativo, del titolare della pensione, al mantenimento dell'inabile, deve avere avuto un ruolo non necessariamente esclusivo e totale ma concorrente in misura rilevante, decisiva e, comunque, prevalente al sostentamento del discendente.
È quanto emerge da una sentenza della Corte d'Appello di Messina, sezione lavoro, n. 375/2022 del 24 giugno 2022 (Pres. Catarsini, Giud.Aus. Est. Doldo).
La questione decisa dalla pronuncia in commento riguarda il significato da attribuire, ai fini della concessione della rendita ai superstiti, al requisito della cosiddetta vivenza a carico, il quale, secondo quanto previsto dall'articolo 106 del Dpr n. 1124/1965, deve ritenersi provato "quando risulti che gli ascendenti si trovino senza mezzi di sussistenza autonomi sufficienti e al mantenimento di essi concorreva in modo efficiente il defunto".
Sulla concreta dimostrazione di tale requisito la Cassazione ha dato in passato alcune utili indicazioni, precisando che ai fini della vivenza a carico non è necessario che il superstite sia totalmente mantenuto in tutti i suoi bisogni dal lavoratore defunto, ma è indispensabile, e insieme sufficiente, che quest'ultimo abbia contribuito in modo efficiente al suo mantenimento mediante aiuti economici che per la loro costanza e regolarità costituivano un mezzo normale, anche se parziale, di sussistenza, risultando viceversa sempre necessario il presupposto dell'insufficienza dei mezzi del superstite.
• Corte d'Appello Messina, Sez. lavoro, sentenza 24 giugno 2022, n. 375 – Pres. Catarsini, Giud.Aus. Est. Doldo