L’indennità di accompagnamento, pur non contribuendo a formare il reddito del percipiente, non costituisce una "risorsa economica" di cui necessariamente si deve tenere conto nella determinazione del contributo al mantenimento a carico del genitore.
A statuirlo è la Corte di Cassazione, mediante ordinanza n. 10423/2023.
Il provvedimento, emanato dalla prima sezione civile, è stato depositato lo scorso 19 aprile.
L’indennità di accompagnamento, puntualizzano i giudici di piazza Cavour, è finalizzata a far fronte all’invalidità del beneficiario e non è una risorsa economica o ma è semplicemente una misura assistenziale pubblica. Tale misura è, invero, diretta a pareggiare o quantomeno a diminuire l'incidenza dei maggiori costi che comporta la patologia per la persona diminuita e per il familiare che se ne prende cura.
Con la indennità di accompagnamento e le altre provvidenze in favore di invalidi, si legge in ordinanza, lo Stato si fa carico non già dei doveri genitoriali, ma della condizione di specifico svantaggio che riguarda la persona (e di conseguenza il caregiver) in attuazione dei doveri di solidarietà propri del nostro sistema costituzionale.