Il concorso del "familiare stretto" nella condotta di esercizio arbitrario di "ragioni" discendenti dalla sussistenza un diritto azionabile in giudizio può essere riconosciuto solo quando "non" emerga un interesse proprio ed ulteriore di tale familiare.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 3472/2024.
Il provvedimento della seconda sezione penale è stato depositato lo scorso 29 gennaio.
Il vincolo parentale, argomentano i giudici di piazza Cavour, non ha rilevanza autonoma, ma è solo "uno" dei possibili elementi indicativi del concorso nel reato di esercizio arbitrario, che deve essere valutato secondo le ordinarie regole probatorie e, dunque, della sussistenza di eventuali mandati o accordi tra il titolare del diritto ed il familiare.