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Maltrattamenti in famiglia, il reato è integrato da comportamenti reiterati, ancorché non sistematici

15 maggio 2024

News Regionale - Sicilia ,

Qualora venga ribaltata la condanna di primo grado il giudice di appello è tenuto a rispettare il principio di diritto secondo cui deve offrire una motivazione puntuale e adeguata, che fornisca una razionale giustificazione della difforme conclusione adottata, anche riassumendo, se necessario, la prova dichiarativa decisiva. In sostanza, il giudice di appello deve spiegare, in modo adeguato e coerente, l'insostenibilità logica della ricostruzione e delle valutazioni effettuate nel precedente grado di meriti.

Lo ha specificato la Corte di Cassazione, all’interno della sentenza n. 17356/2024. Il provvedimento dello scorso 3 maggio, emesso dalla sesta sezione penale, effettua alcuni rilievi in materia di maltrattamenti in famiglia.

Quanto sopra argomentato, si legge nel percorso logico-giuridico intrapreso dalla Suprema Corte, deve avvenire da un lato fornendo una compiuta giustificazione delle ragioni per cui una determinata prova assume una valenza dimostrativa completamente diversa rispetto a quella ritenuta dal giudice di primo grado; dall'altro lato, dando conto degli specifici passaggi logici idonei a conferire alla decisione una forza persuasiva superiore rispetto a quella riformata.

In tema di maltrattamenti in famiglia, il reato è integrato da comportamenti reiterati, ancorché non sistematici, che, valutati complessivamente, siano volti a ledere, con violenza fisica o psicologica, la dignità e identità della persona offesa, limitandone la sfera di autodeterminazione.

La condotta sopraffattrice unilateralmente tenuta dall'imputato ai danni della moglie non può ritenersi come espressiva di ordinaria "litigiosità di coppia", la quale presuppone invece che le parti della relazione si confrontino, anche veementemente, ma su un piano paritetico, di reciproca accettazione del diritto di ciascuno ad esprimere il proprio punto di vista.