In tema di tutela di soggetti incapaci, il decreto che riconosca al tutore un'equa indennità ex art. 379, comma 2, c.c., può riguardare un periodo circoscritto della sua attività oppure l'intera durata della stessa; le circostanze fattuali considerate dal giudice, già poste a fondamento della decisione e della liquidazione dell'importo, sono insuscettibili di mutare con il trascorrere del tempo, sicché tale provvedimento, ove non fatto oggetto di tempestivo reclamo ex art. 739 c.p.c., diviene definitivo, così precludendo la possibilità di una sua revoca o modifica.
È quanto emerge dalla ordinanza n. 5474/2022 della Corte di Cassazione, depositata lo scorso 18 febbraio.
Il riferimento ai fatti di causa appare necessario al fine di inquadrare meglio la vicenda in esame.
Con decreto reso il 24 gennaio 2017, il Giudice Tutelare di Milano rimosse l'Avv. V.L. dall'incarico di tutore di D.C.A.M., altresì disponendo la pubblicazione di un proprio precedente decreto, pronunciato il 4 giugno 2015, con cui, tra l'altro, aveva riconosciuto alla prima, ai sensi dell'art. 379 c.p.c., comma 2, l'equa indennità per gli anni, nella misura di Euro 3.600,00, oltre iva e c.p.a..
Successivamente, il 3 febbraio 2017, il suddetto avvocato presentò un'istanza al medesimo Giudice Tutelare in cui, dopo aver fornito ulteriori spiegazioni in merito alle contestazioni di cui al menzionato decreto di rimozione, chiese: a) la rideterminazione dell'equa indennità; b) il riconoscimento della stessa per determinati anni; c) la compensazione delle somme riconosciute a titolo di equa indennità con quelle oggetto del prelievo di cui al decreto di rimozione del 24 gennaio 2017.
Il Giudice Tutelare adito, con decreto pronunciato il 20 febbraio 2017: i) rigettò l'istanza tesa a rideterminare l'equa indennità riconosciuta per gli anni indicati); ii) respinse la domanda di liquidazione dell'analoga indennità per quegli anni, in quanto, all'epoca, era ancora in corso l'attività di verifica relativa al contenuto del rendiconto presentato dall'Avvocato V. per il periodo di riferimento; iii) accolse la formulata richiesta di compensazione nei limiti di cui al decreto pronunciato il 4.6.2015.
Il reclamo promosso dall'Avv. V., ex art. 739 c.p.c., avverso il decreto del 20 febbraio 2017, volto ad ottenere la rideterminazione dell'equa indennità attribuitale è stato dichiarato inammissibile dal Tribunale di Milano con decreto del 4 maggio 2017.
Avverso questo provvedimento, ricorre per cassazione, ex art. 111 Cost., comma 7, l'Avv. V., affidandosi a tre motivi.
Le doglianze, scrutinabili congiuntamente perché chiaramente connesse, vengono considerate dalla Cassazione insuscettibili di accoglimento.
E' assolutamente pacifico, si legge nell’ordinanza, che il decreto del 4 giugno 2015 del Giudice Tutelare di Milano, recante la liquidazione dell'equa indennità, ex art. 379 c.c., comma 2, in favore dell'Avv. V. per gli anni indicati, non venne pubblicato al momento della sua emissione. Di esso, infatti, - come espressamente si legge nel provvedimento impugnato - fu disposta la pubblicazione con il successivo decreto pronunciato il 24 gennaio 2017, dal medesimo Giudice Tutelare di Milano.
Da tanto consegue, innegabilmente, che, almeno dal momento della pubblicazione del decreto del 24 gennaio 2017, l'Avv. V. era in condizione di impugnare sia quest'ultimo provvedimento che il precedente decreto del 4 giugno 2015 (di cui, tramite la pubblicazione disposta dal primo, aveva avuto formale conoscenza), fino ad allora, invece, mai pubblicato.
Il Tribunale di Milano, poi, ha dato espressamente atto che nessuno dei menzionati provvedimenti è stato "impugnato" dalla ricorrente. Tale circostanza, peraltro, è confermata proprio dall'Avv. V., la quale ha affermato di aver domandato, allo stesso Giudice Tutelare di Milano, in data 3 febbraio 2017, la "modifica e/o revoca" del decreto del 24 gennaio 2017: la stessa, cioè, ha inteso avvalersi di rimedi tipologicamente diversi, per caratteristiche e giudice competente a deciderli, dal reclamo.
A tal proposito, invero, la Cassazione rammenta che: i) il reclamo è lo strumento di impugnazione che l'art. 739 c.p.c. prevede contro (tra gli altri) i decreti resi dal giudice tutelare, la cui decisione è affidata al tribunale in composizione collegiale (vale a dire al giudice immediatamente superiore al primo, di cui quest'ultimo non può fare parte). Esso serve per rendere operante il principio del cd. doppio grado anche nei procedimenti di volontaria giurisdizione (tra cui rientrano quelli riguardanti lo svolgimento della tutela delle persone incapaci); ii) la revoca e/o la modifica dei decreti resi dal giudice tutelare, invece, riflettono una delle caratteristiche tipiche di tutti i procedimenti di volontaria giurisdizione, da individuarsi nella regola enunciata dall'art. 742 c.p.c., a tenore del quale "i decreti possono essere in ogni tempo modificati o revocati" salvi soltanto "i diritti acquisiti in buona fede dai terzi in forza di convenzioni anteriori alla modificazione o alla revoca".
Nella specie, poi, la decisione adottata dal Giudice Tutelare di Milano, il 20 febbraio 2017, sulla menzionata istanza di modifica e/o revoca dell'Avv. V. è stata fatta oggetto di reclamo ex art. 739 c.p.c. innanzi al tribunale in composizione collegiale.
La questione che sostanzialmente si pone, dunque, è se, attraverso il rimedio della revoca/modifica richiesta dall'odierna ricorrente con riguardo al solo provvedimento del Giudice Tutelare di Milano del 24 gennaio 2017, potesse essere invocata, o non, anche la "rideterminazione" dell'equa indennità ex art. 379 c.c., comma 2, sancita nel precedente decreto del medesimo giudice del 4 giugno 2015, ma la cui pubblicazione era stata disposta solo per effetto di quello del 24 gennaio 2017, benché il primo di questi non fosse stato reclamato.
Ad avviso della Suprema Corte la risposta ad un tale interrogativo deve essere negativa.
A ben vedere, è opportuno ricordare che per revoca del decreto si intende il suo ritiro per motivi di legittimità o di opportunità; diversamente, la modifica include tanto la revoca parziale che l'integrazione del provvedimento. Entrambi i rimedi, quindi, presuppongono chiaramente l'esistenza del potere del giudice di rivalutare le circostanze già poste a fondamento della sua decisione, perché evidentemente suscettibili di mutare con il trascorrere del tempo, e rispondono all'esigenza di rendere il provvedimento adottato quanto più possibile adeguato alla concreta situazione fattuale come successivamente sviluppatasi. Laddove, invece, una tale esigenza non sia configurabile, nemmeno può considerarsi possibile l'esistenza e/o l'esercizio del potere suddetto.
La vicenda in esame va ricondotta proprio a questa seconda tipologia di fattispecie.
Viene enunciato, quindi, il seguente principio di diritto: "In tema di tutela di soggetti incapaci, il decreto che riconosca al tutore un'equa indennità ex art. 379 c.c., comma 2, può riguardare un periodo circoscritto della sua attività oppure l'intera durata della stessa; le circostanze fattuali considerate dal giudice, già poste a fondamento della decisione e della liquidazione dell'importo, sono insuscettibili di mutare con il trascorrere del tempo, sicché tale provvedimento, ove non fatto oggetto di tempestivo reclamo ex art. 739 c.p.c., diviene definitivo, così precludendo la possibilità di una sua revoca o modifica".
Il ricorso, pertanto, viene respinto.