All’esito di un giudizio di separazione personale dei coniugi veniva riconosciuto alla moglie un cospicuo assegno di mantenimento (pari ad € 3.000,00) in considerazione del rilevante squilibrio economico tra i coniugi, il marito godeva infatti di elevati redditi e di un vasto patrimonio immobiliare mentre la moglie poteva fare affidamento solo sui modesti introiti derivanti dall’attività di fotografa.
Confermata la pronuncia da parte della Corte Territoriale, il marito proponeva ricorso per Cassazione denunciando, tra l’altro, la nullità della sentenza ex art. 360, c. 1, nn. 3 e 4 c.p.c. per violazione o falsa applicazione dell’art. 156, c. 1, c.c. in riferimento agli artt. 143 e 144 c.c., ovvero subordinatamente ex art. 360, c. 1, n. 5 c.p.c. per omesso esame di un duplice fatto storico decisivo per il giudizio (breve durata del matrimonio e giovane età del coniuge richiedente) ai fini della spettanza del quantum dell’assegno di mantenimento.
Dopo aver richiamato le Sezioni Unite (n. 32914/2022), gli Ermellini ribadiscono come il dovere reciproco di assistenza materiale, dopo la separazione, vada declinato tenendo conto di una pluralità di parametri tra cui la durata del matrimonio.
Nel caso di specie la moglie si era allontanata dalla casa famigliare dopo qualche mese dalle nozze tanto da indurre a ritenere che non si fosse neanche instaurata una comunione materiale e spirituale tra i coniugi, circostanza questa, secondo numerosi precedenti della Suprema Corte richiamati nel provvedimento, idonea a negare il diritto ad un assegno di mantenimento.
Gli Ermel l ini accolgono pertanto l’impugnazione proprio sul l a circostanza che la decisione di merito non aveva preso in alcuna considerazione l a durata estremamente contenuta del matrimonio, né sotto il profilo del l a spettanza del l 'assegno, né sotto il profilo de l la sua quantificazione, pur avendo accertato che la moglie si era a l lontanata da l la casa coniugale dopo pochi mesi di matrimonio.
A cura dell’Avv. Valentina Merli