In tema di molestia e disturbo alle persone, l'elemento soggettivo del reato consiste nella coscienza e volontà della condotta, tenuta nella consapevolezza della sua idoneità a molestare o disturbare il soggetto passivo, senza che possa rilevare l'eventuale convinzione dell'agente di operare per un fine non biasimevole o addirittura per il ritenuto conseguimento, con modalità non legali, della soddisfazione di un proprio diritto.
Lo precisa la Cassazione, nella recente sentenza n. 1008/2025. Il provvedimento della prima sezione penale è stato depositato lo scorso 10 gennaio.
Se vi sono argomenti in fatto, puntualizzano i giudici di piazza Cavour, che dimostrino l'indisponibilità della persona offesa ad accettare i contatti telefonici, la petulanza non può essere esclusa dal fatto che le telefonate erano concentrate tutte durante la giornata e tendenzialmente fuori dagli orari di lavoro o che fossero mosse dall'intento di arrecare il minor disturbo possibile.