Con la recente pronuncia n. 1268 del 13.01.2025, emessa i n materia di delitti contro la famiglia, la Sesta Sezione penale della Suprema Corte di Cassazione ha ravvisato la fattispecie criminis di maltrattamenti contro familiari o conviventi di cui all’art. 572 c.p. nella condotta di chi preclude alla persona offesa di essere economicamente indipendente, nell’ipotesi in cui i comportamenti vessatori posti in essere dal soggetto agente siano suscettibili di provocar e un vero e proprio stato di prostrazione psico-f isica e le scelte economiche/organizzative assunte all’interno del nucleo famigliare, in quanto non pienamente condivise, ma unilateralmente imposte, costituiscano il risultato di comprovati atti di violenza o di prevaricazione psicologica.
Nello specifico, c on la menzionata sentenza i Giudici di legittimità hanno ritenuto infondato e conseguentemente rigettato il ricorso promosso da un marito avverso la pronuncia di condanna precedentemente emessa a relativo carico dalla Corte d’A ppello di Torino (che a sua volta aveva confermato quella di primo grado) per il delitto di maltrattamenti perpetrato per quasi vent’anni a detrimento della moglie e aggravato dall’averlo commesso in presenza dei loro figli minorenni .
Gli Ermellini , in linea con l’evoluzione pretoria e i propri precede nti giurisprudenziali , sono perven uti a tale esito sulla base dell’assunto che ai fini dell’integrazione del delitto di cui all’art. 572 c.p. è necessario valorizzare “(…)tutte le componenti in cui può tendenzialmente esprimersi la violenza, incluse quella psicologica ed economica. (…) ”.
I n proposito, con peculiare riguardo agli atti di violenza suscettibili di creare un pregiudizio di tipo economico all’interno delle relazioni familiari , i Giudici di legittimità hanno precisato che “ (…) per individuare le condotte che, in un contesto discriminatorio, mirano a provocare una perdita economica della vittima a causa del suo genere, determinando oggettivamente una condizione di soggezione tale da integrare il delitto di cui all’art. 572 c.p. (…)” assumono rilevanza l’art. 3, lett. a), della Conve nzione di Istanbul ( ratificata dall’Italia con legge 27 giugno 2013, n. 77) e i considerando 17 e 18 della Direttiva 20 12/29/U.E. del 25 ottobre 2012 ( attuata a livello nazionale con il d.lgs. 15 dicembre 2015, n. 212) che rispettivamente definiscono i concetti di “violenza nei confronti delle donne” , di “violenza di genere” e di “violenza nelle relazioni strette” . Parimenti, occorre tenere debitamente conto delle forme di controllo economico che possono manifestarsi nel più ampio quadro delle condotte di violenza domest ica alla luce di quanto statuito dalla recente Direttiva 2024/1385/U.E. del 14 maggio 2024 ( “sulla lotta alla violenza contro le d onne e alla violenza domestica” , da attuarsi entro il 14 giugno 2027) in base ai relativi considerando 32 e 39.
In forza di quanto precede si è giunti nella vicenda concreta alla definitiva condanna dell’imputato in quanto è stato processualmente accertato che, per plurimi anni, ha concretamente tenuto a discapito della coniuge condotte violente, sessualmente umilianti, minatorie, controllanti e denigratorie agli occhi della prole ; sovente servendosi dei figli per controllarla, anche a seguito della separazione dalla medesima .
Ugualmente, è emerso che nel corso del matrimonio l’imputato ha più volte materialmente ostacolato l’ emancipazione della moglie, precludendole la possibilità d’intraprendere percorsi formativi e di reperi rsi una stabile occupazione lavorativa che le consentisse di conseguire una propria indipendenza economica. Il tutto mediante il costante ricorso a forme manipolatorie e pressioni p sicologiche esercitate sulla stessa , tali da incidere negativamente sulla relativa autonomia e dignità umana, nonché sulla sua integrità fisica e morale, quali beni giuridici presidiati dal reato di maltrattamenti contro famigliari o conviventi.
A cura dell’Avv. Elisa Tosini