La Prima Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione torna ad esprimersi sull’art. 12 bis L. n. 898 del 1970,in riferimento al diritto che il coniuge, titolare dell’assegno divorzile, ha sul pretendere una percentuale dell’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge nel momento della cessazione del rapporto di lavoro.
Il caso deriva dalla decisione assunta dalla Corte d’Appello di Milano, la quale non riconosceva il diritto da parte del coniuge titolare dell’assegno divorzile alla predetta percentuale sul TFR dell’altro coniuge, dal momento che quest’ultimo aveva versato in un Fondo Previdenziale una quota del TFR, facendo poi confluire nello stesso, tutto l’importo residuo del TFR. La Corte suddetta, applicando l’art. 12 bis L. n. 898 del 1970, stabiliva che l’importo dovuto al titolare dell’assegno divorzile fosse solo quello determinabile sulle somme percepite all’effettivo momento della cessazione del rapporto di lavoro e che dovessero essere escluse quelle incassate anticipatamente dal lavoratore durante la convivenza o la separazione fra le parti. Secondo la Corte d’appello, destinare il tfr ad un fondo pensionistico era avvenuto legittimatamente ed il coniuge titolare dell’assegno divorzile nulla poteva vantare su tali somme accantonate, avendo il lavoratore modificato la natura delle stesse da retributiva a previdenziale.
La Giurisprudenza di legittimità intervenuta parte dal fatto che il tfr accantonato presso il datore di lavoro fino al compimento del versamento da parte dello stesso ha natura retributiva, mentre la prestazione previdenziale erogata al lavoratore da un fondo ha quella previdenziale.
La Cassazione, con l’ordinanza n.8375/2025 rimette alla Pubblica Udienza, una decisione di notevole importanza; se il titolare dell’assegno divorzile conservi il diritto ad ottenere la quota del tfr dell’ex coniuge anche se quest’ultimo abbia scelto di destinarlo ad un Fondo di Previdenza Complementare.
A cura dell’Avv. Emanuele Cecchetti