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Sì all’assegno divorzile se la sproporzione economica tra le parti è riconducibile alle scelte condivise in costanza di matrimonio

15 aprile 2022

News Regionale - Piemonte e Valle d'Aosta ,

Se la rilevata sproporzione economico-patrimoniale tra le parti è riconducibile alle scelte di conduzione familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio ed ha comportato il sacrificio delle aspettative professionali dell'ex coniuge, a quest’ultimo deve essere riconosciuto l’assegno divorzile. 

Questo, in sintesi, quanto emerge dall’ordinanza della Cassazione n. 11044/2022, depositata lo scorso 5 aprile. 

Nel caso in esame, la moglie si era occupata della famiglia e dei tre figli, uno dei quali affetto da disabilità psichica, mentre il padre non si era più curato di lui.

Un’analisi sommaria dei fatti appare interessante per ricostruire il percorso logico-giuridico delineatosi nell’ordinanza.

Il ricorrente T.M. propone ricorso per cassazione, affidato a un motivo, avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma, con la quale è stato rigettato l'appello proposto dall'odierno ricorrente diretto ad ottenere la riduzione dell'importo dell'assegno divorzile di Euro 900,00 in favore dell'ex moglie P.M. e dell'importo del contributo di mantenimento di Euro 850,00 in favore del figlio A., oltre al 50% delle spese straordinarie di natura sanitaria, in riforma di quanto così statuito dal Tribunale di Roma con la sentenza dichiarativa della cessazione degli effetti civili del matrimonio. 

Con unico motivo il ricorrente lamenta la violazione - falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c.n. 3, dell'art. 5, comma 6, della Legge 898/1970.

Il ricorrente deduce che la Corte di merito non ha tenuto conto di tutti i parametri imposti dalla norma e vincolanti, in violazione del principio di proporzionalità ed adeguatezza del quantum dovuto all'ex moglie e al figlio che vive con lei.

In particolare ribadisce che la P. è proprietaria esclusiva della casa in cui vive con il figlio A., percepisce una pensione di circa Euro 600,00 mensili, è proprietaria di un appartamento e cantina, nonché comproprietaria di due terreni.

Rileva, inoltre, che anche il figlio con lei convivente percepisce una pensione di invalidità di Euro 280,00 mensili. A parere del ricorrente, l'obbligo posto a suo carico, con il cumulo dei due assegni che confluiscono nello stesso nucleo familiare, è palesemente sproporzionato rispetto alla sintesi degli indici imposti dalla legge.

Il ricorso viene considerato inammissibile. 

Secondo l'orientamento della Suprema Corte, è inammissibile il ricorso per Cassazione allorquando la procura, apposta su foglio separato e materialmente congiunto al ricorso ai sensi dell'art. 83 c.p.c., comma 2, contenga espressioni incompatibili con la specialità richiesta ai sensi dell'art. 365 c.p.c. e dirette, piuttosto, ad attività proprie di altri giudizi e fasi processuali (Cass.28146/2018; Cass.16040/2020; Cass.905/2021).

Nel caso di specie, al ricorso per cassazione è allegato separato "atto di delega e procura alle liti", materialmente spillato, in cui non è dato rinvenire alcun riferimento alla sentenza impugnata e al giudizio per cassazione, ma ad attività proprie di altri giudizi e fasi processuali (chiamata di terzi nel processo, domande riconvenzionali, richiesta di procedimenti d'urgenza e via dicendo).

Sotto ulteriore profilo, il ricorso viene considerato inammissibile perché l'unico mezzo è, in realtà, diretto a sollecitare impropriamente il riesame del merito, tramite l'apparente denuncia del vizio di violazione di legge.

Nel caso di specie, la Corte territoriale, con adeguata motivazione (Cass. SU.8053/2014), ha ritenuto, richiamando i principi affermati dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 18287/2018, che la rilevata sproporzione economico-patrimoniale tra le parti (l'ex marito ha entrate mensili di Euro 4.500 ed è proprietario della casa in cui vive) fosse riconducibile alle scelte di conduzione familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio con il sacrificio delle aspettative professionali dell'ex moglie, che si era occupata della famiglia e dei tre figli, e in particolare di A., affetto da disabilità psichica, mentre il padre non si è più curato di lui.

La Corte di merito ha in dettaglio esaminato i fatti di rilevanza, e il convincimento espresso è stato fondato su un accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, al di fuori delle ipotesi, non denunciate in ricorso, di cui all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

La Corte d'appello si è attenuta ai principi di diritto precisati dalle Sezioni Unite e ha dato conto degli elementi allegati dall'ex marito a sostegno della richiesta di non debenza dell'assegno divorzile, valutando tutte le circostanze del caso concreto (condizione reddituale dell'ex moglie come dimostrata in causa, raffronto con la situazione patrimoniale del ricorrente, età - 74- e condotta complessiva dell'ex moglie, valutata in considerazione delle concrete possibilità ed offerte di lavoro esistenti al momento della disgregazione del vincolo matrimoniale, ruolo svolto dalla stessa a livello endofamiliare e durata della convivenza matrimoniale- 39 anni fino all'allontanamento dalla casa familiare dell'ex marito, a cui veniva addebitata la separazione dei coniugi pronunciata due anni dopo).

In conclusione, il ricorso è stato considerato inammissibile.