In caso di separazione anche il mutuo rientra nelle agevolazioni fiscali per la risoluzione della crisi coniugale se rappresenta uno strumento necessario per mettere in atto quanto concordato dagli ex coniugi, condizione che deve essere inserita anche nelle clausole degli accordi omologati dal giudice.
Lo ha specificato l’Agenzia delle Entrate, con la risposta all’interpello numero 260 dello scorso 11 maggio 2022.
Protagonisti della vicenda in esame sono due coniugi che hanno presentato domanda per l’omologazione della separazione consensuale.
Tra gli accordi è stato stabilito che l’immobile acquistato in regime di comunione dei beni verrà attribuito all’ex marito, che riconoscerà alla ex moglie una somma destinata anche all’estinzione di un finanziamento contratto insieme in precedenza.
La questione nodale della fattispecie in esame è valutare se il mutuo necessario per dare seguito a quanto concordato possa rientrare nelle agevolazioni fiscali previste dall’articolo 19 della legge n. 74 del 1987.
Con la risposta all’interpello numero 260 dello scorso 11 maggio 2022, è arrivato il via libera dell’Agenzia delle Entrate.
Dal momento che la stipula del mutuo rappresenta una condicio sine qua non per dare esecuzione agli accordi di separazione, il contratto di mutuo stipulato dall’ex coniuge può rientrare tra i contratti della crisi coniugale a cui si applica l’esenzione dall’imposta di bollo, di registro o di ogni altra tassa.
La condizione deve essere però, precisa l’Agenzia delle Entrate, inserita nelle clausole contenute nell’accordo di separazione omologato dal giudice. E anche l’importo deve far riferimento alla cifra stabilita.
Nel motivare la sua risposta, l’Amministrazione finanziaria ripercorre la normativa e la posizione della giurisprudenza e fissa anche alcuni precisi paletti.
Referente normativo, in tale contesto, è l’articolo 19 della legge n. 74 del 1987: “Tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui articoli 5 e 6 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa”.
Con circolare n. 27/E del 21 giugno 2012 è stato chiarito che, dal punto di vista oggettivo, l'esenzione di cui al citato articolo 19 si riferisce a tutti gli atti, documenti e provvedimenti che i coniugi pongono in essere nell'intento di regolare i rapporti giuridici ed economici relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili dello stesso.
Al riguardo, la Corte di Cassazione, in una controversia concernente l'agevolazione “prima casa” usufruita dagli ex coniugi per l'acquisto di un immobile, poi rivenduto a terzi prima dello scadere dei cinque anni dall'acquisto, ha affermato che " la ratio della L. n. 74 del 1987, articolo 19, è quella di favorire la complessiva sistemazione dei rapporti patrimoniali tra i coniugi in occasione della crisi, escludendo che derivino ripercussioni fiscali sfavorevoli dagli accordi intervenuti in tale sede.
Invero, la L. n. 74 del 1987 dispone in via assolutamente generale l'esenzione dall'imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa degli atti stipulati in conseguenza del procedimento di cessazione degli effetti civili del matrimonio e, a seguito di Corte Cost. n. 154 del 1999, anche del procedimento di separazione personale tra coniugi, senza alcuna distinzione tra atti eseguiti all'interno della famiglia e atti eseguiti nei confronti di terzi (cfr. ordinanza del 21 marzo 2019, n. 7966; anche risoluzione n. 80/E del 9 settembre 2019).
Inoltre, sempre relativamente all'applicazione dell'articolo 19 della legge n. 74 del 1987, con l'ordinanza 17 febbraio 2021 n. 4144, la Corte di Cassazione ha affermato che "l'esenzione si estende a tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di separazione personale dei coniugi, in modo da garantire l'adempimento delle obbligazioni che i coniugi separati hanno assunto per conferire un nuovo assetto ai loro interessi economici".
L'agevolazione va, quindi, riconosciuta in riferimento ad atti e convenzioni posti in essere nell'intento di regolare i rapporti patrimoniali tra i coniugi conseguenti allo scioglimento del matrimonio, o alla separazione personale, compresi gli accordi che contengono il riconoscimento o attuino il trasferimento della proprietà di beni mobili ed immobili all'uno o all'altro coniuge.
In particolare, si legge nella risposta dell’Agenzia delle Entrate, come chiarito dai giudici di legittimità "l'elemento fondamentale che sorregge questo indirizzo va dunque individuato nella centralità dell'accordo tra le parti nella definizione della crisi coniugale e nell'ottica di favore con il quale il legislatore vede tale modalità di definizione.
Ciò con riguardo tanto agli atti separativi di contenuto necessario (consenso reciproco a vivere separati, affidamento dei figli, assegnazione della casa familiare nell'interesse della prole, assegno di mantenimento in presenza dei relativi presupposti) quanto a quelli di contenuto eventuale (patti di eterogenea natura che trovano occasione nella separazione, ma costituenti accordi patrimoniali del tutto autonomi conclusi dai coniugi per l'instaurazione del regime di vita separata).
La materia è stata fatta, peraltro, oggetto di un intervento additivo da parte della Corte Costituzionale che, con la sentenza n. 154 del 1999 ha esteso il regime fiscale di favore al procedimento di separazione coniugale, dando così impulso ed ulteriore fondamento alla successiva evoluzione dell'ordinamento.
Evoluzione destinata a far rientrare gli accordi comportanti trasferimenti patrimoniali dall'uno all'altro coniuge, nell'ambito delle condizioni della separazione di cui all'articolo 711 c.p.c. in considerazione del carattere di “negoziazione globale” che la coppia in crisi attribuisce al momento della “liquidazione del rapporto coniugale”, attribuendo quindi a detti accordi la qualificazione di contratti tipici, denominati contratti della crisi coniugale, la cui causa è proprio quella di definire in modo non contenzioso e tendenzialmente definitivo la crisi (Cass. n. 2111/16 cit.).
Alla luce della lettura delle precisazioni fornite, per l’Agenzia delle Entrate non ci sono dubbi sulla possibilità di far rientrare il contratto di mutuo, necessario per dare esecuzione agli accordi di separazione, nel perimetro di applicazione delle agevolazioni in quanto rientra tra i contratti della crisi coniugale, necessari per definire in modo non contenzioso e tendenzialmente definitivo la crisi e, quindi può essere considerato come uno degli atti realizzativi degli accordi coniugali, ovvero relativi al procedimento di separazione o divorzio.
Resta fermo, puntualizza l’amministrazione, che tale condizione deve risultare dalle clausole contenute nell'accordo di separazione omologato dal giudice, finalizzato alla risoluzione della crisi coniugale. In tal caso, il contratto di mutuo potrà rientrare nell'ambito di applicazione della disposizione agevolativa di cui all'articolo 19 della legge n.74 del 1987, nei limiti dell'ammontare indicato dal predetto accordo di separazione e destinato alla ex moglie.