Ai fini della decorrenza del termine annuale di decadenza dall’azione di disconoscimento, previsto per il marito, dall’art. 244, comma 2, c.c., assume rilievo la prova della consapevolezza dell’adulterio della moglie al tempo del concepimento. Sul marito, quindi, grava l’onere di dimostrare di avere agito entro l’anno dalla data in cui aveva scoperto una condotta della donna idonea al concepimento con un altro uomo, mentre sulla parte convenuta, grava l’onere di dimostrare l’eventuale anteriorità della scoperta.
A puntualizzarlo è la Corte di Cassazione, mediante ordinanza n. 21898/2022, depositata lo scorso 11 luglio.
Ciò che rileva, per i giudici di Piazza Cavour, è dunque l’acquisizione certa della conoscenza di un fatto idoneo a determinare un concepimento.
Una breve ricostruzione del caso oggetto del provvedimento in analisi appare necessaria.
Il Tribunale accoglieva la domanda proposta dall'attore nei confronti dell'ex moglie e del figlio in materia di disconoscimento della paternità, dichiarando che il convenuto non era il figlio.
Avverso tale pronuncia veniva proposto appello dai convenuti, presso la Corte di Appello competente, che rigettava il gravame confermando la sentenza di primo grado con condanna al pagamento delle spese processuali. Avverso tale pronuncia veniva proposto ricorso per cassazione, articolato in sei motivi dall'appellata, cui resisteva l'altro appellante con controricorso e ricorso in via incidentale e l'appellato con controricorso.
Con il primo motivo la ricorrente deduce la nullità della sentenza per avere la Corte d'Appello rilevato d'ufficio l'intervenuta decadenza dal diritto degli appellanti all'assunzione delle prove da essi dedotte, senza concedere i termini fissati dall'art. 101, comma 2, c.p.c. per consentire alle parti di discutere su di una questione processuale non dibattuta. Tale motivo viene ritenuto dalla Suprema Corte inammissibile, in quanto mira a rimettere in discussione la valutazione compiuta dal giudice circa la ammissibilità e rilevanza delle istanze istruttorie proposte.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 115 c.p.c e 2733 c.c., per avere il giudice di appello ritenuto di non ammettere le prove orali poiché non fondate su fatti temporalmente circoscritti al momento del periodo di concepimento del figlio, confermando, in tale modo, la decisione assunta dal Tribunale. Anche tale secondo motivo è inammissibile, atteso che si sollecita una valutazione di merito non sindacabile nel giudizio in cassazione.
Quindi nel ricorso si contesta l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, rappresentato dal giudizio risarcitorio proposto nei confronti della ricorrente in conseguenza della scoperta dell'adulterio, in cui il richiedente avrebbe affermato di aver diritto al risarcimento. Anche tale motivo viene ritenuto inammissibile, posto che la mancata considerazione del giudizio risarcitorio non riveste una portata decisiva ai fini del denunciato vizio ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.
Con il quarto motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell'art. 244, comma 2, c.c., e dell'art. 2697 c.c., circa la prova che deve essere fornita dall'attore in punto di conoscenza certa dell'adulterio della moglie. Tale motivo viene considerato infondato: invero la Corte d'Appello, premesse le regole generali in tema di riparto probatorio, ai fini della decorrenza del termine annuale per proporre l'azione di disconoscimento ex art. 244, comma 2, c.c. ribadisce la necessità di una acquisizione certa della conoscenza di un fatto riconducibile ad una vera e propria relazione o un incontro sessuale idoneo a determinare il concepimento, non essendo perciò sufficiente una infatuazione o una relazione sentimentale e neppure una mera frequentazione della moglie con un altro uomo.
Con il quinto rilievo si deduce la violazione dell'art. 115 c.p.c. in ordine all'errata percezione delle prove del giudizio di separazione, ritenendo che i giudici di merito siano incorsi in un errore di percezione dei documenti di causa relativi al giudizio di separazione. Anche tale motivo è ritenuto inammissibile, visto che in tema di ricorso per cassazione non può essere dedotta una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, a meno che non si alleghi che quest'ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte di ufficio al di fuori dei limiti legali.
Con l’ultimo motivo si sostiene la violazione e falsa applicazione degli artt. 115,116 e 194 c.p.c. e dell'art. 90 disp. att. c.p.c., per avere la Corte di Appello negato l'ingresso ad una CTU tecnica per l'effettuazione degli esami genetici tra padre e figlio.
Tale motivo viene ritenuto infondato, posto che il figlio non aveva opposto alcun rifiuto esplicito a sottoporsi alla consulenza tecnica, che era stata disposta dal giudice di primo grado, ma, come sottolineato dalla Corte, per ben quattro volte aveva ritenuto di non presentarsi il giorno in cui erano state fissate le operazioni peritali adducendo generici e non documentati motivi; correttamente in questo quadro la Corte di Appello ha ritenuto di equiparare tale condotta ad un rifiuto ex art. 116, comma 2, c.p.c., unitamente alle restanti risultanze, ne consegue che alcuna violazione del diritto di difesa è stata perpetrata atteso che la consulenza d'ufficio non si è potuta espletare a causa della condotta del figlio.
In conclusione, la Suprema Corte ha rigettato i ricorsi e condannato la ricorrente principale e il ricorrente incidentale al pagamento delle spese in favore del controricorrente.