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No alla delibazione della sentenza ecclesiastica se la riserva mentale sulla fedeltà non era conosciuta

19 luglio 2022

News Regionale - Piemonte e Valle d'Aosta ,

No alla delibazione in Italia della sentenza del tribunale ecclesiastico mediante la quale si annulla il matrimonio per la riserva mentale del marito sulla fedeltà, se la moglie non poteva conoscere, con la normale diligenza, il pensiero del suo ex sul punto.

Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con ordinanza n. 21571 depositata lo scorso 7 luglio, dichiarando inammissibile il ricorso dell'uomo contro la sentenza della Corte d'appello di Lecce.

La Corte territoriale, infatti, aveva respinto la domanda di declaratoria di efficacia nella Repubblica della sentenza del 24 gennaio 2013 del Tribunale ecclesiastico che aveva dichiarato la nullità, per esclusione della fedeltà da parte dell'uomo, del matrimonio concordatario contratto il 24 agosto 1992.

Secondo il giudice di secondo grado, invero, la riserva mentale del coniuge in ordine all'obbligo di fedeltà non era né conosciuta né conoscibile dalla moglie con l'ordinaria diligenza.

Il ricorrente, tra l'altro, ha invece sostenuto la violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 4 del Protocollo addizionale all'Accordo tra la Santa Sede della Repubblica Italiana (che apporta modifiche al concordato lateranense del 18 febbraio 1984), con particolare riguardo all'articolo 8 dell'Accordo che regola il procedimento di riconoscimento delle sentenze ecclesiastiche di nullità matrimoniale, censurando la sentenza impugnata per aver negato il riconoscimento della sentenza ecclesiastica.

Per la Prima Sezione civile, tuttavia, la decisione impugnata "lungi dall'aver violato le disposizioni richiamate", ha fatto "piena applicazione dell'ampiamente consolidato principio, che non v'è ragione di riconsiderare, secondo cui la declaratoria di esecutività della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio concordatario per esclusione, da parte di uno solo dei coniugi, di uno dei bona matrimonii, postula che la divergenza unilaterale tra volontà e dichiarazione sia stata manifestata all'altro coniuge, ovvero che sia stata da questi in effetti conosciuta, o che non gli sia stata nota esclusivamente a causa della sua negligenza, atteso che, qualora le menzionate situazioni non ricorrano, la delibazione trova ostacolo nella contrarietà all'ordine pubblico italiano, nel cui ambito va ricompreso il principio fondamentale di tutela della buona fede e dell'affidamento incolpevole".